SALUTO DELL AVV CARLO MARSELLA

Presidente Associazione Giuristi M.T. Cicerone

 

 

 Buona sera.

 Il saluto di benvenuto da parte dellAssociazione Giuristi M.T. Cicerone e mio personale a quanti sono convenuti all odierno Convegno, il primo che si tiene nellanno del DECENNALE della costituzione della nostra Associazione.

Ringrazio e saluto Mons. Bruno Antonellis per lospitalit che come sempre ci offre e il chiarissimo prof. Ciro Attaianese, Magnifico Rettore dellUniversit degli Studi di Cassino, per il patrocinio che concede ai nostri incontri, motivo di orgoglio per la nostra Associazione.

Saluto e ringrazio per la loro partecipazione:

Il Sindaco di Sora, lon. ing. Cesidio Casinelli, in scadenza di mandato: La ringrazio, Sig. Sindaco, per lattenzione prestata in questi anni allattivit della nostra Associazione, non lo avremo pi graditissimo ospite nei nostri convegni come Sindaco ma, mi auguro, di averla quale Amico dellAssociazione; il Presidente del Tribunale di Frosinone cons. Tommaso Sciascia, socio di diritto della nostra Associazione; i Presidenti degli Ordini Forensi di Cassino e Frosinone, gli avv. Giuseppe Di Mascio e avv. Davide Calabr, che ringrazio per aver sempre sostenuto in questi anni le attivit della nostra Associazione; il neo Presidente del Consiglio Notarile di Cassino, Notaio Angelo Zinzi, al quale rinnoviamo i complimenti e i rallegramenti con gli auguri di un proficuo lavoro; i Presidenti Aggiunti Onorari della Corte di Cassazione consiglieri Grazia Cataldi e Giandomenico Fargnoli; il Presidente della Camera Provinciale degli Avvocati Tributaristi di Frosinone, avv. Domenico Martini; il Presidente del Rotary Club di Frosinone, dott. Mauro Vermiglio; i Magistrati, i Notai, i Professori, i Colleghi, i carissimi Soci e tutti i presenti. 

Ci hanno inviato un messaggio di saluto, impossibilitati a vario titolo ad essere presenti questa sera: il prof. Maurizio Maurizi ,gi Direttore della Clinica di Otorinolaringoiatria dellUniversit Cattolica del Sacro Cuore- Policlinico Gemelli- Roma; il Cons. Andrea Della Selva, Presidente del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere; il Presidente Aggiunto Onorario della Corte di Cassazione, Consigliere Franco Sabatini, il GIP presso il Tribunale di Cassino dott.ssa Alessandra Tudino, il Colonnello Lorenzo Santella, Responsabile dellUfficio Giuridico dello Stato Maggiore dellEsercito

Come ho anticipato questo lanno del Decennale della nostra Associazione,  un anno per noi molto importante al quale vogliamo dare massimo rilevanza sia con la programmazione di Convegni altamente qualificati per tema e Relatori, come quello odierno, sia con attivit socio-storiche-culturali di un certo spessore che culmineranno con il Convegno del Decennale nel prossimo autunno al quale fin dora siete tutti invitati.

Questa sera, primo Relatore dei Convegni del Decennale, abbiamo il piacere di avere la dott.ssa Camilla Di Iasi, Consigliere della Suprema Corte di Cassazione.

Le rivolgo, Consigliere, un saluto di benvenuto particolarmente sentito ed i ringraziamenti vivissimi per la disponibilit dimostrataci.

Il Consigliere Di Iasi una studiosa e una Relatrice ad altissimo livello, avrete modo di apprezzarLa fra poco. A me particolarmente cara: la conosco da quando era bambina, sussistendo fra le nostre famiglie rapporti di amicizia.

Insigne giurista, ma non solo, la Relatrice infatti, me lo consenta di rivelarlo, un poeta di primo ordine che in giovent (non so ora) scriveva poesie capaci di suscitare lammirazione e la stima di un famoso poeta spagnolo.

Tralasciando le reminiscenze giovanili, il Cons. Di Iasi questa sera ci relazioner su un tema attualissimo:Giusto Processo ed esigenza di Celerit della Tutela Giurisdizionale: i recenti interventi Creativi della Giurisprudenza di Legittimit, suggerito dalle recenti interpretazione della Suprema Corte che hanno messo in tensione lambiente giudiziario.

Grazie ancora Consigliere per aver accettato linvito ad essere con noi questa sera.

Conosceremo meglio la figura della Relatrice non appena il nostro socio, la prof.ssa Annacarla Cerrone, ne riassumer il curriculum.

Saluto lavv. Marco Paliotta, giovane socio dellAssociazione ma valente professionista, che introdurr il tema del Convegno e coordiner i lavori: senzaltro avremo modo di apprezzarlo: grazie, Marco, per la tua disponibilit.

Ringrazio tutte le Istituzioni, gli Enti, le Societ e i Privati che sono stati, sono e ci auguriamo saranno sempre vicini alla nostra Associazione per consentirle di raggiungere nel migliore dei modi gli scopi statutari.

Grazie per il cortese ascolto.

 

 

 

 

SALUTO DELLAVV. GIUSEPPE DI MASCIO

Presidente dellOrdine Forense di Cassino

 

 

Buona sera a tutti, ringrazio lavv. Marsella, non solo per averci invitato, ma per aver organizzato ancora una volta un seminario ad altissimo livello. Questa volta alla importanza del tema trattato si aggiunge anche, possiamo dirlo,  la grandissima attualit del tema del giusto processo. un tema che si innesta nel dibattito pi ampio che ormai in corso nella societ civile che riguarda la giustizia in generale, in particolare la riforma dellordinamento giudiziario e la riforma di alcune norme del processo. Quindi si innesta in un dibattito che ad ogni livello della societ civile ci riguarda. Possiamo per notare con rammarico che questo dibattito purtroppo non si svolge nel clima adatto; non cՏ oggi in Italia un clima che consenta di affrontare i problemi della giustizia, in generale dellordinamento giudiziario, dellordinamento del processo penale, con serenit e  obiettivit. Purtroppo questo tema stato gettato sul terreno della lotta politica e quindi pensiamo che tanti interventi, tanti contributi non servono assolutamente ad affrontare in maniera seria e pacata i problemi della giustizia. Si ha a volte la sensazione che alcune proposte, alcuni rilievi, siano valutati in maniera positiva o negativa pi che in base al loro contenuto, a seconda della parte che li propone o di chi li indica, e questo certo non aiuta a risolvere i problemi.

Per tornare al tema del nostro convegno, il giusto processo un tema che affascina i magistrati e gli avvocati. Quindi cercher di contenermi perch la tentazione di addentrarmi sul terreno forte, ma non voglio togliere spazio certamente ai relatori,lavv. Marco Paliotta e Cons. Di Iesi, che sicuramente in maniera pi compiuta ed esaustiva tratteranno il tema. Come sappiamo, lart. 111 della Costituzione ormai ha consacrato questo principio, che un principio di civilt. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parit davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Anche la terziet e limparzialit del giudice sono diventati oggetto di dibattito e di approfondimento, soprattutto nellambito giuridico. Questo un convegno giuridico, la maggior parte, la stragrande maggioranza della platea formata da giuristi, alcuni dicono operatori del diritto, ma a me non piace questo termine. Penso ci sia proprio quel clima e quella possibilit necessaria di affrontare in maniera pacata e da un punto di vista scientifico ed oggettivo il tema del convegno. La terziet e limparzialit del giudice ci aprono scenari che ci riguardano da vicino. Noi avvocati da anni siamo impegnati in alcune proposte di modifica dellOrdinamento giudiziario. La imparzialit, secondo la maggioranza della dottrina e della giurisprudenza, attiene pi ad una dimensione soggettiva del giudice, alla sua capacit di elaborare il proprio libero convincimento scevro da interessi o pregiudizi che possano condizionarlo. La terziet invece, a mio avviso, attiene ad una dimensione oggettiva della funzione giurisdizionale. Il giudice terzo, non in virt di una propria maggiore o minore sensibilit, ma proprio in virt della posizione in cui viene collocato nellambito della struttura giudiziaria. E quando si parla di questa terziet non pu non farsi riferimento alla vexata questio delle carriere. Ma  non questa la sede n il luogo per affrontare largomento, anche se la posizione unanime e maggioritaria dellavvocatura nota nel senso che favorevole a questa divisione. Sono norme di civilt, qualcuno ha detto che sono norme di civilt giuridica, io toglierei questo aggettivo giuridico perch le norme che riguardano la giustizia, le norme che riguardano lordinamento giudiziario le norme che riguardano il processo non appartengono a questa o a quella categoria forense. Sono norme che incidono sulla vita e sulla libert delle persone, quindi sono norme che riguardano tutti e nessuno, a nessun titolo, pu arrogarsi il diritto di avere lultima parola su queste norme che vengono proposte per la loro attuazione. Mi piace concludere questo mio brevissimo intervento proprio facendo riferimento a questo aspetto di civilt e richiamando un concetto che il Cordero ha espresso nel suo manuale di diritto processuale penale, sul quale penso generazione di avvocati e di magistrati si sono formati. E si dice appunto che le regole del processo ed il modo di applicarle costituiscono lo stato pi avanzato della convivenza umana, costituiscono la cartina tornasole che segna il grado di civilt di un popolo. Grazie a tutti.

 

 

 

 

 

SALUTO DELLAVV. DAVIDE CALABRO

Presidente dellOrdine Forense di Frosinone

 

Buona sera a tutti. Dopo lintervento fatto da Peppe Di Mascio non so che altro dire, solo una battuta. I convegni organizzati da Carlo Marsella, precorrono i tempi, purtroppo temo che il convegno di oggi sia un po tardivo, perch si parla di processo quando intervenuta una normativa che di processi non ne vuole pi, si parla di celerit e  si arriver al punto che non ci saranno pi processi. Quindi apprezziamo gli interventi della giurisprudenza che hanno cercato di migliorare questa situazione, per gli interventi politici stanno facendo in modo che questa problematica non si porr pi. Lascio la parola.

 

 

 

 

SALUTO DEL NOTAIO ANGELO ZINZI

Presidente del Consiglio Notarile di Cassino

 

Buona sera, questo applauso era ovviamente per Carlo che lo merita tutto. Dunque, stavolta non dico niente, perch lavvocato Di Mascio si preso lui tutto il tempo. Invece di fargli causa, perch dopo il convegno sapr se il processo breve e se quindi conviene farlo, lo invito a restituirmelo la prossima volta. Un complimento ancora una volta a Carlo per aver organizzato questo convegno meraviglioso ed un buon lavoro a tutti. Grazie.

 

 

 

 

 

SALUTO DELLON. ING. CESIDIO CASINELLI

Sindaco di Sora

 

 

Sar brevissimo anchio e mi scuso in anticipo. Dopo il saluto dovr andare via perch ho un impegno amministrativo a Frosinone. Ringrazio anchio Carlo Marsella, anzi Carlo solo, anche a nome dellAmministrazione Comunale, per limportante lavoro di alto spessore scientifico che la sua Associazione ha portato avanti in questi dieci anni. Quindi saluto la Consigliera, saluto tutti gli intervenuti, saluto e gli ospiti. Anche questa volta il titolo intrigante, qualcuno lha gi notato, daltronde con la giustizia si sta sempre al passo con i tempi perch le cose evolvono continuativamente. Ho visto quellaggettivo tra parentesi in ordine agli interventi, non so se ti venuto di getto o ti costato un po di tempo trovare un aggettivo tenue rispetto forse a quello che volevi intendere. Un convegno certamente interessante. Io ricordo che anche il nuovo 111 del 99, assolutamente importantissimo, per per via di alcune norme di principio e a di estremo dettaglio che sarebbero troppe anche in una legge ordinaria anche esso stato un po creativo. I legislatori mantengono la palma della creativit in assoluto. Anche rispetto alla giurisprudenza. Grazie di nuovo, buon lavoro a tutti.

 

 

 

 

 

 

GIUSTO PROCESSO ED ESIGENZA DI CELERITADELLA TUTELA GIURISDIZIONALE: I RECENTI INTERVENTI CREATIVI  DELLA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITA

 

 

 

AVV. MARCO  PALIOTTA

Associazione Giuristi M.T. Cicerone

 

INTRODUZIONE

 

1.   Un doveroso saluto allillustre relatore, che ha voluto onorare lAssociazione, il Tribunale di Cassino e la Citt di Sora con la sua autorevole presenza, al nostro beneamato Presidente, avv. Marsella, ed a tutti i presenti.

2.   CONSIDERAZIONI DI CARATTERE GENERALE.

Il tema da trattare di rilevante e delicata importanza, oltre che di sicuro fascino, ed impone alcune preliminari osservazioni per meglio individuarne e comprenderne la portata.

Dopodich il Cons. Di Iasi ci guider, con la sua dotta relazione, al cuore dellargomento.

Prima riflessione. Levoluzione vorticosa della societ, anche in virt del fenomeno della globalizzazione, non pu non avere riflessi sullordinamento giuridico.

Diritto e societ sono parte essenziale ed integrante dellesistente.

I radicali cambiamenti economici  e sociali in corso nella societ italiana che, in pochi decenni, divenuta -da fondalmente agricola ad industriale ed ora post-industriale-  hanno inciso ed incidono profondamente anche  sulla stessa struttura dellordinamento giuridico del nostro Stato.

Cos, ad esempio, si discute se sia opportuno o meno introdurre un tratto federalista nel nostro ordinamento.

Tralasciando ogni ulteriore considerazione in merito, non essendo questa la sede idonea, va considerato invero come, per linscindibile rapporto tra diritto e societ, in ossequio al rispetto dei principi di democrazia, libert e tutela dei diritti fondamentali dellindividuo (in quanto tale e quale partecipe della societ civile), il diritto stesso, nelle sue linee ed articolazioni essenziali, ad essere oggetto di una profonda evoluzione.

Cos non stato esente da intenti riformatori neanche il processo, specchio della realt economica della societ, articolato nelle diverse branche del diritto.

Alla L. N. 69 / 2009 per il processo civile si succeduta, dal settembre 2010, quella del processo amministrativo; si discute a tuttoggi delle modifiche al processo penale; sono rispettivamente entrate in vigore da pochi mesi la riforma in materia di diritto del lavoro (L. N. 183 / 2010) e da pochi giorni quella relativa alla mediazione, finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali (D. L.vo N. 28 / 2010 ed il conseguente Regolamento di esecuzione per la determinazione dei criteri e le modalit di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione).

Seconda riflessione. Aldil dei contenuti, pi o meno apprezzabili, di tali interventi, si avverte unesigenza primaria: quella dellapprodo  ad una giustizia in grado di rispondere con maggiore efficacia alle richieste dei cittadini – utenti.

Infatti gli interrogativi ed i dubbi, che affliggono da sempre i giuristi e tutti gli operatori del diritto, nel tempo NON SONO cambiati.

Possono essere sintetizzati nel seguente dilemma: una giustizia rapida per ci stesso una giustizia giusta?

Forse no; probabilmente no.

Ma altrettanto certo che una giustizia lunga, o troppo lunga, considerata anche la nostra Carta Costituzionale, SENZA DUBBIO  una giustizia ingiusta.

La giurisprudenza, segnatamente quella di legittimit, stata ed tuttora particolarmente sensibile a tali esigenze di cambiamento, pur nel rispetto doveroso della tutela dei diritti fondamentali, garantiti dalla Costituzione (ad es.: i valori di uguaglianza, solidariet, garanzie della giurisdizione, del principio del contraddittorio, del diritto di difesa) (arg. ex S. Chiarloni, Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., marzo 2002).

Ancora una riflessione, la terza.

Ma proprio tali principi  e diritti fondamentali vengono sempre garantiti dal nostro processo?

La risposta, purtroppo, non pu che essere permeata da una vena di amarezza.

Spesso noi avvocati abbiamo contezza che i cittadini preferiscono affrontare gli svantaggi di una transazione in perdita, per evitare le lungaggini di un processo civile dallesito non certo.

Oppure siamo costretti a confrontarci, nellesercizio del diritto alla difesa nel processo penale, con soggetti che si sono rivolti, loro malgrado, a singoli  o ad associazioni che solo per usare un mero eufemismo definerei extra ordinem, ma che sono malavitose ed eversive, venendo cos coinvolti nel vortice, spesso senza via di fuga, che d luogo alle piaghe dellestorsione o, peggio ancora, dellusura.

Cos la crisi della societ diviene, inevitabilmente, crisi del processo e crisi della certezza dei rapporti giuridici tra i cittadini.

Dunque, come ben ed autorevolmente detto dal primo Presidente della Corte di Cassazione, Dr. Lupo, nel convegno dello scorso febbraio (2011) presso la stessa Suprema Corte, Il processo ha bisogno di stabilit .

Mi permetto umilmente di aggiungere che tale stabilit  deve costituire un tuttuno con la certezza delle relazioni giuridiche, con la loro effettivit ed efficacia allinterno dei rapporti sociali.

Solo cos potremo aver certezza del rispetto dei principi costituzionali, ivi compreso quello del diritto ad un giusto processo (ex art. 111 Cost.).

3.   DIRITTO GIURISPRUDENZIALE CREATIVO.

Attivit ermeneutica della giurisprudenza. In tale ambito, proprio per la particolare sensibilit mostrata, vi pu allora essere unattivit di interpretazione ed adeguamento, da parte della giurisprudenza, alla realt in movimento ed una conseguente evoluzione del diritto in decisioni particolarmente significative.

In sostanza, se da un lato si pone il legislatore, che crea e dispone le fattispecie astratte, ispirate alle mutevoli esigenze della societ, dallaltro vi il giudice, il quale  -secondo la concezione illuministica della divisione dei poteri (Montesquieu, Beccaria, Filangieri)-  dovrebbe essere strumento di applicazione e di realizzazione del diritto, vale a dire bouche de la loi (S. Chiarloni, ibidem).

In realt oggi universalmente diffusa  la consapevolezza  che lattivit interpretativa della giurisprudenza pu racchiudere in s  INELIMINABILI MOMENTI di creazione del diritto.

Le espressioni diritto vivente e diritto giurisprudenziale, ormai moneta spicciola di ogni ragionamento giuridico, ci rammentano ad ogni passo questa semplice e quasi banale verit.

Il giudice non solo crea il diritto dal caso concreto attraverso lattivit di sussunzione dei fatti accertati nelle singole fattispecie legali, ma egli pu creare anche REGOLE NUOVE derivandole dai  principi, oppure aumentando lestensione di clausole generali, dando rilievo allequit o, infine, legittimando regole emergenti dalla prassi, secondo i principi di una tassonomia di recente formulazione.

Giudice come filtro tra il caso concreto ed il comando astratto. Dunque il giudice non pi il semplice ed automatico strumento di sussunzione del fatto nella norma, ma si pone come filtro tra il caso concreto ed il comando astratto, con un ruolo di interpretazione ed integrazione del quadro normativo, predisposto in linea generale dal legislatore.

Si giunge cos alla costatazione delloperativit di una giurisprudenza che, attraverso lutilizzo del precedente giudiziario, pu dar luogo ad unattivit interpretativa che non rinunci a spazi di creativit.

Tale aspetto verr ben pi autorevolmente illustrato dal cons. Di Iasi.

Dal mio canto mi posso limitare a lumeggiare sul fatto che ci accade o pu accadere nel caso in cui  manchi unesplicita volont normativa oppure si registri la presenza di norme di difficile interpretazione oppure ancora quando si individuino norme che, per il rapidissimo progresso, anche e soprattutto tecnologico, non siano pi in grado di poter disciplinare una data, specifica fattispecie.

Questa proiezione del diritto si manifesta pertanto non solo nei processi di common law ma anche in quelli cosiddetti di civil law, come il nostro.

Precedente giudiziario ed effetti erga omnes. In tali casi  vi sono ben evidenti ragioni per le quali un giudice, in assenza di una fattispecie astratta, possa seguire una precedente pronuncia giudiziaria  che, di fatto, non avr pi solo effetti giuridici inter partes,  ma diverr produttrice di conseguenze giuridiche erga omnes.

E ovvio che il giudice potr assumere tale rilievo creativo a patto che non prevarichi le altrui competenze, violando palesemente le impostazioni dello stato di diritto.

Il pericolo sarebbe infatti quello di aberrazioni giuridiche che minacciano non solo lunicit  e la trialit del diritto,  ma anche la centralit e la terziet del giudice.

Occorre dunque  un utilizzo ragionato di tale attivit giurisprudenziale.

Ci  affinch il processo, come insegnava il Satta, pur nel suo mistero profondo,  risponda allesigenza primaria della formulazione di un giudizio, che non la ricerca della verit in senso assoluto, altrimenti non sarebbe comprensibile la sentenza ingiusta, in cui –come soleva affermare il mio maestro, il Prof. Punzi- la forza del giudicato copre, assai pi della terra, gli errori dei giudici.

Un giudizio che sia o si sforzi di essere quanto pi possibile obbiettivo e spersonalizzato e, come tale, profondamente giusto (arg. ex S. Satta, Il mistero del processo).

 

 

 

 

INTERVENTO

 

DELLA PROF. SSA  ANNACARLA CERRONE

Associazione Giuristi Marco Tullio Cicerone

 

Buon pomeriggio, mio gradito compito illustrare brevemente la figura professionale del nostro stimato relatore.

 

Camilla Di Iasi, magistrato, ha svolto funzioni di merito in civile, penale e lavoro. Dal gennaio 1995 lavora presso la Corte di cassazione, prima come magistrato addetto al Massimario, successivamente anche come responsabile della massimazione civile e del servizio di studio e informazione giurisprudenziale della Corte oltre che con funzioni di giudice di legittimit presso la quarta sezione civile (lavoro); attualmente consigliere presso la quinta sezione civile (tributaria) della Corte.

Da anni, con relazioni in materia processuale civile, collabora, a richiesta del CSM, alla formazione dei magistrati in tirocinio e allaggiornamento professionale dei magistrati in servizio nonch, in sede di formazione decentrata, alla conversione  alle funzioni di legittimit dei colleghi che  giungono in cassazione dal merito. Ha pubblicato numerosi lavori scientifici in materia processuale civile (tra laltro, in tema di disapplicazione, giudizio di equit, procedimento di formazione della sentenza collegiale civile, procedimenti di separazione e divorzio, non contestazione, perfezionamento del procedimento di notificazione). E stata per otto anni presidente della sezione cassazione dellassociazione nazionale magistrati.

 

 

 

DOTT. SSA  CAMILLA DI IASI

Consigliere della Suprema Corte di Cassazione

 

RELAZIONE

 

GIUSTO PROCESSO ED ESIGENZA DI CELERITA DELLA TUTELA GIURISDIZIONALE: I RECENTI INTERVENTI CREATIVI  DELLA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITA

 

                                                                            

Sommario:  1. Lincidenza del principio di ragionevole durata sulla interpretazione della legge processuale civile  2. I pi recenti e discussi interventi delle sezioni unite della cassazione in materia  3. Gli effetti delloverruling e i rimedi possibili  4. Il rischio di relativizzazione della norma processuale.

 

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1. Il problema della eccessiva durata dei processi, con la sostanziale denegata giustizia delle decisioni che intervengono in tempi troppo lunghi, ed stato, gi a partire almeno dagli ultimi tre decenni del secolo scorso, il problema centrale della giustizia civile nel nostro paese, inducendo la dottrina a sottolineare anche i danni economici determinati dalla lentezza dei processi, che favorisce la speculazione e linsolvenza e accentua la discriminazione tra chi ha la possibilit di attendere e chi  nellattesa ha tutto da perdere (v. Trocker, Processo civile e costituzione, Milano, 1974).

Proprio la consapevolezza e la considerazione di questa realt stata alla base della riforma che ha introdotto nella costituzione il principio di ragionevole durata del processo, e la medesima consapevolezza ha certamente influito, ancor pi e prima della stessa riforma costituzionale, sullevoluzione della giurisprudenza di legittimit in materia processuale.

 riguardata  a posteriori in proiezione sistematica, sembra infatti influenzata non tanto e non solo dal disposto del secondo comma dellart. 111 cost. come modificato dalla legge n. 2 del 1999, ma, prima ancora, attraverso una lenta evoluzione, da quella stessa temperie culturale che ha condotto alla riforma costituzionale.

             I pi importanti arresti della giurisprudenza di legittimit in materia di rapporti tra poteri del giudice e corrispondenti poteri-oneri delle parti, specialmente quelli delle sezioni unite, risultano negli anni in esame (con qualche limitata eccezione) tutti volti in una medesima direzione: quella dellampliamento dei poteri officiosi del giudice e degli oneri di attivazione delle parti in (evidente, anche se non dichiarata) funzione acceleratoria.

             Non questa loccasione per discutere singole decisioni anche risalenti nel tempo, giova tuttavia  sottolineare che le pi importanti tra esse, valutate in prospettiva, sembrano improntate ad un medesimo criterio-guida e riflettono non  solo la consapevolezza che un processo giusto deve essere anche celere, ma anche la costante preoccupazione di evitare la dilatazione dei tempi del processo -determinata da una gestione antieconomica dello stesso- attraverso la ricerca, nella lettura del sistema, di strumenti per arginarla.

Per esempio, le sentenze delle sezioni unite della cassazione n. 1099 del 1998 -in tema di rilevabilit officiosa come regola per le eccezioni di merito-  e n. 761 del 2002 -in tema di non contestazione- vanno senzaltro in questa direzione, bench costruite entrambe esclusivamente intorno al principio dispositivo e senza neppure accennare alla problematica della ragionevole durata del processo.

E in questa direzione va sicuramente tutta la giurisprudenza in materia di rilevabilit officiosa del maturare di preclusioni.

Emblematica in proposito levoluzione giurisprudenziale che ha riguardato il giudicato (il quale, sebbene configurabile come eccezione di merito, attiene pur sempre ad una preclusione, anzi, alla pi rilevante delle preclusioni, ancorch di questioni e non di attivit), incidendo sullistituto sia con riguardo alla sua rilevabilit che con riguardo alla sua estensione.

 In relazione al giudicato cd. esterno si infatti passati da una giurisprudenza maggioritaria che, fino alla fine degli anni novanta, ne riteneva la natura di eccezione in senso stretto, alla sentenza n. 226 del 2001, con la quale le sezioni unite ne hanno affermato la natura di eccezione in senso lato, nonch alla sentenza n. 13916 del 2006, con la quale le sezioni unite hanno ammesso la libera allegabilit del giudicato esterno anche in cassazione oltre ogni limite temporale, ed alla pi recente sentenza n. 24664 del 2007, con la quale le sezioni unite hanno posto il giudicato tra gli elementi normativi, dei quali il giudice di legittimit pu direttamente accertare esistenza e portata, con cognizione piena estesa al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione dei medesimi mediante  indagini ed accertamenti anche in fatto.

Sul versante dellampliamento della portata del giudicato vanno, invece,  le riletture dei suoi limiti oggettivi e cronologici, operate dalle sezioni unite, ad esempio, in materia tributaria (v., tra le altre, la sentenza n. 13916 del 2006, che sembra in parte discostarsi da precedenti letture di tali limiti provenienti dalle stesse sezioni unite, ad esempio in materia di previdenza).

Da questo percorso univoco, attraverso il quale, sentenza dopo sentenza, si finito per potenziare fortemente listituto del giudicato, emerge una chiara -bench non sempre esplicitata- attenzione, non tanto, specificamente, alla ragionevole durata del processo, quanto ad un pi ampio e generale principio di razionalizzazione e massima economia del sistema che, in materia, sembra corrispondere ad una diffusa (e a volte stigmatizzata) tendenza ermeneutica se, gi prima delle rammentate decisioni, in dottrina si ammoniva a non scaricare sul giudicato una funzione di supplenza rispetto ai problemi del contenzioso civile, non essendo certo con lampliamento della portata (e dellambito di efficacia) del giudicato che si pu rimediare al lungo tempo occorso per giungervi.

Non pu peraltro destare meraviglia il fatto che linterpretazione delle norme processuali abbia finito per risentire in certa misura dellaffanno nella gestione di un contenzioso esorbitante e della preoccupazione per la durata sempre crescente dei processi, essendo, anzi, inevitabile che lesegesi rispecchi il clima culturale in cui  matura, anche in ragione della natura strumentale delle norme sul processo, che richiede sempre nellinterprete lattenta considerazione della realt storica in cui esse  devono essere applicate.

Nellultimo lustro tuttavia levoluzione giurisprudenziale in materia ha subito una forte accelerazione in quanto i giudici di legittimit non si sono pi limitati ad una interpretazione della norma processuale che, in ragione del clima culturale  in cui maturava, si faceva maggiormente sensibile ai principi di economia processuale, ma hanno fatto di pi: hanno preso atto che la ragionevole durata del processo non unespressione meramente programmatica n una semplice raccomandazione per il legislatore ordinario, ma pu e deve essere immediatamente perseguita da giudice e parti, al fine di evitarne la compromissione, anche attraverso linterpretazione e applicazione degli strumenti normativi presenti nellordinamento, perch il relativo diritto va tutelato da subito nel processo, non essendo ipotizzabile che venga riconosciuto solo dopo la sua lesione ed in funzione esclusivamente risarcitoria (v. in proposito, esplicitamente, cass. ord. n. 18156 del 2010, secondo la quale il principio costituzionale del giusto processo ... nella materia civile, ha natura precettiva sostanziale e processuale ad un tempo).

In particolare, la Corte di cassazione, con la sentenza  n. 1540 del 2007 (in tema di non contestazione), ha per la prima volta affermato che il  principio di ragionevole durata del processo deve ritenersi rivolto non solo al legislatore ordinario nonch alle parti ed al giudice quali soggetti processuali, ma anche al giudice quale interprete della norma processuale, finendo per divenire un canone ermeneutico di livello costituzionale per la suddetta norma, con la conseguenza che linterprete, tra le possibili letture di una norma processuale, deve scegliere quella che maggiormente si presta allattuazione del principio di ragionevole durata del processo (v. su questultimo punto, tra le altre successive, cass. n. 55 del 2009, in relazione allart. 384 c.p.c.; s.u. n. 5456 del 2009 e n. 20604 del 2008, in tema di mancata tempestiva notifica del ricorso e pedissequo decreto in appello nel rito del lavoro; cass. n. 24645 del 2007, sullart. 96 c.p.c.; s.u. n. 4636 del 2007, in materia di riparto di giurisdizione).

            Tale orientamento giurisprudenziale stato criticato da alcuni autori, che hanno invece proposto una lettura meramente programmatica del secondo comma dellart. 111 cost. (v. Chiarloni, Il nuovo art. 111 Cost. e il processo civile, in Riv. dir. proc., 2000; Scarselli, La ragionevole durata del processo civile, in Foro it., 2003, V; Tommaseo, Revisione della seconda parte della Costituzione. Norme sulla giurisdizione, in AA.VV., Le garanzie della giurisdizione e del processo nel progetto della Commissione bilaterale, Milano, 1999), tuttavia gran parte della dottrina ha ritenuto che nella disposizione costituzionale in esame sia ravvisabile un canone interpretativo ed ha riconosciuto la necessit di una interpretazione adeguatrice delle norme processuali che veda nel principio della ragionevole durata un criterio-guida ed un parametro di riferimento (v. tra gli altri Comoglio, La durata ragionevole del processo e le forme alternative di tutela, in Riv. dir. proc., 2007), confermando che, fra le varie interpretazioni, il giudice deve scegliere quella conforme alla prescrizione costituzionale, anche a costo di rovesciare il diritto vivente che si sia formato in materia.

           A tale proposito peraltro da sottolineare che il giudice non potrebbe sottrarsi allimpegno di una rilettura delle norme processuali alla luce del principio di ragionevole durata del processo sottoponendo tout court al giudizio della Corte costituzionale quelle ritenute in contrasto col predetto principio, potendo la questione di legittimit costituzionale ritenersi ammissibile solo se il giudice remittente abbia prima verificato limpossibilit di interpretazioni adeguatrici.-

           Lidillio tra la maggioranza della dottrina e i giudici di legittimit in ordine alla natura precettiva (e non  meramente programmatica) del principio costituzionale di ragionevole durata del processo stato tuttavia in gran parte solo teorico.

           Quando infatti le sezioni unite della Corte di cassazione, nel dichiarato intento di dare attuazione al principio di ragionevole durata anche attraverso lattivit ermeneutica, hanno iniziato, con ritmo sempre crescente, a rileggere in questa chiave la disciplina processuale civile rimettendo in discussione principi che sembravano ormai tradizionalmente acquisiti e, in pratica, riscrivendo alcune regole del processo, lopposizione della dottrina e del foro stata in alcuni casi durissima.                 

 Non sono sfuggiti gli effetti -a volte deflagranti- di tali decisioni, non sempre condivise e talora decisamente criticate (non solo, in alcuni casi, dubitando della immediata precettivit del principio, ma anche) nella convinzione che esse comportassero il sacrificio delle garanzie di difesa e del contraddittorio, e perfino che, valicando i limiti dellintervento nomofilattico, violassero il principio di riserva di legge [v., tra le critiche pi convinte, Caponi, Dalfino, Proto Pisani, Scarselli, In difesa delle norme processuali, in Foro it, 2010, I e Ricci, Nooo! (La tristissima sorte della ragionevole durata del processo nella giurisprudenza della Cassazione: da garanzia in cerca di attuazione a  killer di garanzie), in Riv. dir. proc., 2010].

2. Non cՏ in questa sede il tempo di esaminare tutti i recenti interventi della Corte di cassazione dichiaratamente intesi a conseguire, attraverso la reinterpretazione delle norme processuali, una pi ragionevole durata del processo, tuttavia, allo scopo di evidenziare la portata storica del fenomeno che si sta descrivendo, sufficiente soffermarsi anche solo sulle decisioni delle sezioni unite della Corte che in maniera pi evidente hanno travolto orientamenti giurisprudenziali ormai consolidati nel tempo suscitando le reazioni pi accese da parte della dottrina e del foro sia per il contenuto delle suddette decisioni sia per i possibili effetti di esse in relazione a processi in corso nei quali le parti avevano fatto affidamento su un precedente orientamento ormai costituente ius receptum.

Tra tali decisioni vengono innanzitutto in rilievo, per le importanti conseguenze che ne sono poi state tratte dalla giurisprudenza successiva, le pronunce che hanno inciso sullordine di esame e decisione delle questioni.

Di rado in passato la cassazione si era pronunciata espressamente  sullargomento, e lo aveva fatto in ogni caso sempre in maniera chiara ed univoca, ad esempio affermando che l'art 276 c.p.c., nel disporre che il collegio decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d'ufficio, e quindi il merito, costituisce espressione di un principio logico, oltre che giuridico, in quanto la decisione in senso positivo o negativo di una questione pregiudiziale pu portare all'assorbimento delle questioni pregiudiziali successive o di tutte o di alcune questioni di merito, sia sotto il profilo dell'assorbimento inteso come preclusione, sia dell'assorbimento inteso come rigetto, con la conseguenza che, incidendo l'osservanza di tale regola sulla esattezza della decisione finale, fin quando una pregiudiziale non definita, le questioni da essa dipendenti non possono formare oggetto di decisione e sono insuscettibili, se risolte, di passare in giudicato ( v. cass. n. 3469 del 1976 -peraltro in parte richiamata, da ultimo, da cass. n. 1696 del 2009).

Negli ultimi anni invece le sezioni unite, sullonda del completo ripensamento dei principi tradizionali del processo civile nel dichiarato intento di perseguire pure attraverso questa via una riduzione dei tempi di durata dei processi, sono intervenute in maniera spesso assai pregnante proprio sullordine di esame e decisione delle questioni, andando in senso diametralmente opposto allorientamento tradizionale come sopra riportato.

            In proposito, innanzitutto da premettere che con la sentenza n. 24883 del 2008 (e le successive n. 26019 e n. 29523 del medesimo anno), attraverso una rilettura dellart. 37 c.p.c., le sezioni unite hanno affermato che la questione di giurisdizione non pi rilevabile in appello e in cassazione se il giudice di primo grado si pronunciato sul merito e non stato proposto apposito gravame, in quanto linterpretazione dell'art. 37 c.p.c. deve tenere conto dei principi di economia processuale e ragionevole durata del processo, della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell'affievolirsi dell'idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranit statale, essendo essa un servizio che va reso alla collettivit con effettivit e tempestivit per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli.

Da tali premesse le sezioni unite hanno tratto le seguenti conseguenze: il difetto di giurisdizione pu essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 38 c.p.c. (non oltre la prima udienza di trattazione) fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; la sentenza di primo grado di merito pu sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimit; il giudice pu rilevare anche d'ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, potendo in particolare questultimo formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione delle sole decisioni che non contengono statuizioni implicanti affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l'unico tema dibattuto sia stato quello relativo all'ammissibilit della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l'evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum, non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito.

In tali termini, la questione di giurisdizione stata inserita nellambito della problematica concernente lordine logico delle questioni che il giudice deve seguire nellesame della domanda, con la conseguenza che leventuale difetto di giurisdizione non pi nella piena disponibilit del giudice se non in primo grado e pu essere fatto valere dalle parti solo con i mezzi di impugnazione.

            E vero che, come sopra evidenziato, le sezioni unite hanno escluso che vi sia formazione del giudicato implicito sulla giurisdizione nel caso in cui lunico tema dibattuto sia quello relativo allammissibilit della domanda ovvero quando dalla motivazione della sentenza risulti che levidenza di una soluzione abbia assorbito ogni valutazione ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum (v. sul punto in particolare s.u. n. 29523 del 2008), ma anche vero che ci, per un verso, significa che, per le sezioni unite, la questione di giurisdizione potrebbe non essere decisa in via pregiudiziale, e, per altro verso, che, come sottolineato dalla dottrina  (v. Caponi, La rilevabilit del difetto di giurisdizione tra doppio oggetto del giudizio e primato della ragione pi liquida, in Foro it., 2009), il giudicato implicito sulla giurisdizione potrebbe essere escluso in ragione di una sorta di primato riconosciuto al canone della ragione pi liquida, peraltro determinando il problema della individuazione di criteri idonei a riconoscere in concreto le ipotesi in cui il merito sia stato deciso per saltum, con conseguente esclusione del giudicato implicito sulla giurisdizione.

Come gi evidenziato, le decisioni in esame sono state oggetto di numerose critiche sia per il rilievo attribuito allordine logico di decisione delle questioni, comportante il sostanziale svuotamento dellart. 37 c.p.c. (vedi tra gli altri Petrella, Osservazioni minime in tema di giudicato implicito sulla giurisdizione e giusto processo, in Riv. dir. proc., 2009), sia, sotto il profilo sistematico, perch, sostenendo che la decisione nel merito implica sempre la decisione di tutte le questioni di rito, si svaluta il dovere di osservanza delle norme processuali da parte del giudice, riducendolo ad una mera regola logico-formale, sacrificabile in favore di altre al fine di soddisfare esigenze diverse, tra cui la ragionevole durata del processo ( v. Izzo, Sui limiti del ricorso incidentale condizionato su questioni pregiudiziali di rito, in www.judicium.it 2010).

Sulla scia di tali pronunce sulla giurisdizione, le sezioni unite sono tornate a pronunciarsi anche sulla dibattuta questione dellordine di esame dei ricorsi proposti in cassazione quando lincidentale investa questioni pregiudiziali, affermando, con la sentenza n. 5456 del 2009, che, anche alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo -secondo cui fine primario di questo la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito-, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito -ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione- o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorit solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d'ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita (ove quest'ultima sia possibile) da parte del giudice di merito, mentre, in caso di intervento di detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di cassazione solo in presenza dell'attualit dell'interesse, sussistente unicamente nell'ipotesi di fondatezza del ricorso principale.

           In nome della ragionevole durata del processo le sezioni unite hanno dunque innovato non solo la consolidata giurisprudenza precedente (in base alla quale il ricorso incidentale per cassazione con il quale la parte totalmente vittoriosa nel merito riproponga una questione pregiudiziale deve essere esaminato prima del ricorso principale della parte soccombente nel merito ed indipendentemente da ogni valutazione sulla fondatezza di tale ricorso, in quanto, sin dal momento in cui, con il ricorso principale, si rende incerta la vittoria nel merito, sorge l'interesse che rende ammissibile il ricorso incidentale e ne giustifica l'esame nell'ordine logico delle questioni indicato dall'art. 276, secondo comma, c.p.c. -v. tra numerose altre cass. n. 23113 del 2008, n. 1582 del 2008 e, in precedenza, s.u. n. 212 del 2001-), ma anche la specifica giurisprudenza in base alla quale, nel caso in cui si prospetti una questione di giurisdizione, vale il principio secondo cui la contestazione del potere decisorio non pu essere condizionata al risultato della lite riguardante il merito (v. cass. n. 15362 del 2008).    

             Unaltra sentenza che ha sollevato forti perplessit in dottrina certamente la n. 4309 del 2010, con la quale le sezioni unite hanno travolto la precedente sostanziale uniformit giurisprudenziale in  tema di interpretazione del secondo comma dellart. 269 c.p.c. -relativo alla chiamata in causa di un terzo su richiesta del convenuto-, stabilendo che, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario di cui allart. 102 c.p.c., discrezionale il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione del terzo -ancorch richiesta tempestivamente dal convenuto ai sensi del citato art. 269, come modificato dalla legge n. 353 del 1990-, con la conseguenza che, qualora sia stata chiesta dal convenuto la chiamata in causa del terzo, in manleva o in regresso, il giudice pu rifiutare di fissare una nuova prima udienza per la costituzione del terzo, motivando la propria scelta sulla base di esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo.

             In proposito, occorre evidenziare che, sino alla decisione in esame, non si era mai dubitato che lart. 269 citato prevedesse, a carico del convenuto che voglia chiamare in causa un terzo, lonere di farne dichiarazione nella comparsa di risposta nonch di richiedere al giudice, nel termine di costituzione tempestiva, lo spostamento della prima udienza al fine di consentire la corretta instaurazione del contraddittorio, e, a carico del giudice che abbia verificato la tempestivit della richiesta, il correlativo dovere di provvedere con decreto a fissare la data della nuova udienza (desumibile sia dalluso dellindicativo il giudice provvede sia dalla mancata previsione di un preventivo sindacato sullesistenza delle ragioni di connessione idonee a giustificare il simultaneus processus), essendo peraltro da sottolineare che la Corte costituzionale (con sentenza n. 80 del 1997) ha presupposto linesistenza di un potere discrezionale del giudice in proposito, escludendo lillegittimit costituzionale del secondo comma dell'art. 269 nella parte in cui non prevede che -al pari della medesima istanza formulata dall'attore o dai terzi gi chiamati- la chiamata in causa di un terzo ad opera del convenuto sia autorizzata dal giudice,  perch la comparazione tra le diverse facolt processuali accordate alle parti del giudizio deve essere compiuta con riferimento ad uno stesso momento processuale, da individuarsi nell'atto in cui ciascuna parte espone introduttivamente le proprie ragioni, cos che, come all'attore -che pu liberamente scegliere i soggetti da convenire in giudizio- anche al convenuto riconosciuta la facolt di chiamare in causa qualsivoglia terzo, al quale ritenga comune la causa o dal quale pretenda di essere garantito, laddove la domanda dell'attore di chiamare un terzo in causa, collocandosi in una fase successiva alla definizione del thema decidendum, non irragionevolmente sottoposta al controllo del giudice sotto il profilo dell'utilit processuale e della tempestivit della richiesta.

              Lavere le sezioni unite ritenuto, con la sentenza in esame, che anche nella fase introduttiva sia possibile per il giudice rifiutare lautorizzazione alla chiamata in causa del terzo richiesta da parte del convenuto -e non per mancanza delle ragioni di connessione (certamente riscontrabili nelle domande di manleva o nelle azioni di regresso cui fa riferimento la stessa sentenza in esame) bens a causa di una valutazione di prevalenza delle ragioni di economia processuale- ha indotto critiche molto accese, avendo alcuni autori sostenuto che con questa decisione, in contrasto col significato letterale della norma e con linterpretazione ad essa attribuita dalla Corte Costituzionale, le sezioni unite hanno in pratica abrogato la disposizione interpretata sostituendola con altra di diverso tenore, ed avendo altri autori  evidenziato che lopzione ermeneutica in esame risulta incongruente rispetto ad altre pronunce di legittimit nelle quali il simultaneus processus, da adottare allinizio del procedimento anche per evitare contrastanti giudicati, considerato strumento di accelerazione e di razionalizzazione del sistema.

             La decisione in esame merita tuttavia unattenta riflessione in quanto in essa la Corte, sottolineando la differenza tra litisconsorzio necessario -che impone sempre il simultaneus processus-  e litisconsorzio facoltativo -che lascia al giudice la valutazione discrezionale sullopportunit della contestuale trattazione della causa, anche in presenza di domande connesse- e traendo da tale differenza conseguenze concrete sul piano della gestione del processo da parte del giudice, ha posto le basi per una riflessione pi ampia (che non mancher di vivacizzare ulteriormente il dibattito, anche nella prospettiva ermeneutica introdotta dalla previsione dellart. 360 bis n. 2 c.p.c.), in sostanza evidenziando la necessit che linterprete consideri attentamente la funzione di garanzia delle norme che regolano la gestione del processo.

Sulla medesima lunghezza donda si collocano le recenti decisioni con la quali la Corte di cassazione ha, in alcune ipotesi, ritenuto lirrilevanza, ai fini della decisione, del riscontrato difetto di integrit del contraddittorio.

In particolare, intesa la ragionevole durata come criterio che impone al giudice di evitare ed impedire che, anche attraverso il compimento di formalit non essenziali, si ostacoli la sollecita definizione del processo, e quindi di valutare volta per volta il rapporto tra la lesione della garanzia processuale e la concreta esplicazione delle diverse articolazioni del diritto di difesa, la Corte di cassazione, con chiara inversione dellordine di esame e decisione delle questioni prescritto dallart. 276 c.p.c., ha ripetutamente affermato: che non deve essere concesso il termine per notificare limpugnazione ad una parte totalmente vittoriosa se detta impugnazione deve essere dichiarata inammissibile o improcedibile (v. tra le altre cass. n. 26373 del 2008); che, ove il ricorso per cassazione sia manifestamente infondato, superflua la fissazione di un termine per lintegrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti totalmente vittoriosi nei gradi di merito (v. cass. n. 2723 del 2010); che non occorre rinviare per la notificazione alla parte rimasta contumace in primo ed in secondo grado se nessuna delle parti costituite nel giudizio di legittimit abbia formulato domande nei suoi confronti (v. cass. n. 18375 del 2010); che irrilevante lomessa citazione, in appello e nel giudizio di cassazione, di uno degli affittuari dazienda, litisconsorte necessario in ordine alla domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, qualora tale domanda  non costituisca pi in concreto oggetto del giudizio di cassazione (v. cass. n. 18410 del 2009); che, quando pi litisconsorti necessari abbiano partecipato a distinti giudizi, del tutto analoghi e trattati simultaneamente con sostanziale identit delle relative decisioni, non occorre far regredire ciascuno dei suddetti giudizi al primo grado per integrare il contraddittorio, essendo sufficiente provvedere alla riunione dei medesimi in cassazione (v. cass. n. 3830 del 2010, in tema di rettifica del reddito di una societ di persone e dei corrispondenti redditi di partecipazione dei relativi soci); che non necessario integrare il contraddittorio nei confronti dellex conduttore con riferimento ad un contratto incontestatamente risolto, nel caso in cui il processo prosegua per domande accessorie alle quali il litisconsorte sia estraneo (v. cass. n. 18410 del 2009).

La lettura delle sentenze che precedono autorizza dunque a ritenere che, in determinate circostanze, le questioni sulla ammissibilit o procedibilit dellimpugnazione -e talvolta persino le questioni di merito- possono e devono essere esaminate e decise prima delle questioni concernenti lintegrit del contraddittorio.

CՏ da chiedersi se tale giurisprudenza, affermata prevalentemente con riguardo al giudizio dinanzi alla corte di cassazione, ovvero anche con riguardo al giudizio dappello ma sempre, a posteriori, dalla corte di cassazione, possa essere applicata tout court dai giudici di merito. Le perplessit derivano dalla possibilit che (differentemente dal giudizio di cassazione) nel merito la decisione di inammissibilit, improcedibilit ovvero, eventualmente, infondatezza dellatto introduttivo o dellappello sia successivamente ribaltata proponendo nuovamente (anche con riferimento al grado precedente?) il problema del difetto di integrit del contraddittorio.

Lorientamento giurisprudenziale in esame da anni viene seguito dai giudici amministrativi, i quali di regola procedono allintegrazione del contraddittorio solo ove intendano accogliere un ricorso, ritenendo in contrasto con il principio di economia dei mezzi processuali  ordinare al ricorrente l'integrazione del contraddittorio, talvolta molto onerosa per la parte, se il ricorso si presenta inammissibile o evidentemente infondato.

            In questi casi per, ove il rigetto del ricorso a contraddittorio non integro avvenga in primo grado, necessario che il giudice di appello che intenda riformare la sentenza ed accogliere il ricorso proceda alla preliminare integrazione del contraddittorio in appello, ovvero (come sostenuto dal Consiglio di Stato in Adunanza plenaria con sentenza n. 13 del 1994), ritenuto il vizio del procedimento per la mancata integrazione del contraddittorio in primo grado, proceda all'annullamento della sentenza con rinvio al primo giudice, al fine di assicurare in primo grado l'integrit del contraddittorio (tale decisione tuttavia stata criticata perch sorretta da una eccessiva considerazione della necessit di assicurare un doppio grado di giudizio ai controinteressati -i quali, nel primo grado, erano stati comunque avvantaggiati dalla reiezione del ricorso- ed incidente negativamente sui tempi complessivi dei processi, inducendo il giudice di primo grado ad un'attivit processuale a volte sostanzialmente inutile -v.  in proposito Filippo Patroni Griffi, La sentenza amministrativa, in Trattato di diritto amministrativo a cura di S. Cassese, Giuffr 2000)-

            E infine da segnalare la sentenza n. 19246 del 2010, relativa al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, con la quale, secondo la dottrina quasi unanime, le sezioni unite, prevedendo un pi breve termine perentorio di costituzione per lopponente -operante in modo automatico ed indipendentemente dallesercizio della facolt di dimezzare il termine di comparizione- avrebbero violato il principio di legalit processuale, perch tale discussa decisione, interpretando in senso pi restrittivo la norma prevedente il termine di costituzione -e perci potenzialmente determinando linammissibilit a posteriori di tutti i procedimenti nei quali lopponente, seguendo lunivoco orientamento precedente, si era costituito, in mancanza di dimezzamento, nel termine ritenuto ordinario- ha posto in maniera improrogabile la necessit di individuare i rimedi processuali idonei ad escludere che la parte debba incolpevolmente subire gli effetti del cd. overruling.

           Giova peraltro sottolineare che proprio in questi giorni la terza sezione civile della Corte di cassazione, con ordinanza 22 marzo 2011, n. 6514, ha sollecitato il Primo Presidente ad investire nuovamente le sezioni unite della questione riguardante il termine di costituzione nelle opposizioni a decreto ingiuntivo, dichiarando di dissentire  dalla interpretazione adottata in materia dalle stesse sezioni unite con la citata sentenza n. 19246 del 2010 ed auspicando un ripensamento o, in mancanza, laffermazione che il principio fissato dalla suddetta sentenza non applicabile alle opposizioni precedentemente instaurate- 

 

3. Gli interventi decisamente innovativi della giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di cassazione sulle regole del processo con sentenze definite addirittura additive dalla dottrina (v. Carpi, Osservazioni sulle sentenze additive delle sezioni unite della Corte di Cassazione, in Riv. trim. dir. e proc., 2010), oltre a determinare incertezza nellapplicazione  delle norme processuali, hanno dunque, come sopra evidenziato, posto il problema degli effetti sui processi in corso dei mutamenti di giurisprudenza in materia di interpretazione delle norme di rito qualora le parti si siano incolpevolmente conformate al precedente orientamento, successivamente travolto dall'overruling.

            In proposito, la stessa Corte di cassazione, con la sentenza n. 14627 del 2010, ha riconosciuto che l'overruling si risolve in un cambiamento delle regole del gioco a partita gi iniziata e in una somministrazione all'arbitro del potere-dovere di giudicare in base a forme e termini il cui rispetto non era richiesto nel momento in cui le attivit processuali sono state poste in essere e si posta il problema della tutela dellaffidamento incolpevole della parte, affermando, alla luce del principio costituzionale del giusto processo, che la  parte che abbia proposto ricorso per cassazione confidando su di una consolidata giurisprudenza di legittimit in ordine alle norme regolatrici del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, incorre in errore scusabile ed ha diritto ad essere rimessa in termini ai sensi dellart. 184 bis c.p.c. (e, ora, del novellato art. 153 c.p.c.) anche in mancanza della relativa istanza se, esclusivamente a causa del predetto mutamento, si sia determinato un vizio di inammissibilit o improcedibilit dellimpugnazione dovuto alla diversit delle forme e dei termini da osservare sulla base dellorientamento sopravvenuto alla proposizione del ricorso.

           Con la pronuncia in esame la cassazione ha dunque ritenuto, sulla base di uninterpretazione costituzionalmente orientata dellart. 184 bis c.p.c., che in ipotesi di revirement giurisprudenziale debba essere garantito alla parte il diritto di essere rimessa in termini, alla duplice condizione che loverruling abbia ad oggetto linterpretazione di norme processuali (in particolare quelle concernenti scadenze, termini perentori, preclusioni) e che esso intervenga a modificare un orientamento che, al momento del compimento dellattivit processuale per la quale la parte dovrebbe essere rimessa in termini, doveva considerarsi univoco e consolidato nel tempo.

            La dottrina, invece, evidenziata la valenza normativa del cd. diritto vivente, ha posto il problema sotto il diverso profilo dellefficacia temporale del cd. overruling in materia processuale, equiparando tout-court la nuova interpretazione giurisprudenziale ad una nuova norma processuale -dovendo la certezza del diritto essere garantita con maggiore intensit in relazione alle norme processuali- e perci ritenendo che una interpretazione conforme alla garanzia costituzionale del giusto processo imponga di limitare automaticamente, senza necessit di rimessione in termini, il mutamento giurisprudenziale ai giudizi instaurati successivamente alloverruling [v. Caponi, Overruling in materia processuale e garanzie costituzionali (in margine a cass. n. 19246 del 2010) in Foro it., 2010, V e, tra gli altri, Morelli, Sole 24 Ore del 23/10/2010].

Per quanto riguarda i giudici di merito, in particolare quelli chiamati a gestire nellimmediatezza gli effetti sui processi in corso della citata decisione delle sezioni unite in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, essi in alcuni casi (v. ad es. Trib. Torino, ord. 11 ottobre 2010; Trib. Pavia, ord. 15 ottobre 2010; Trib Marsala, ord. 20 ottobre 2010) hanno disposto la rimessione in termini, mentre in altri casi (v. Trib. Varese, ord. 8 ottobre 2010 e Tribunale S. Angelo dei Lombardi, sent. 20 ott. 2010 n. 625) hanno ritenuto che, verificato lintervento delloverruling ed accertato laffidamento incolpevole della parte al precedente orientamento, potesse semplicemente ritenersi corretto loperato di questultima, senza necessit di rimessione in termini.

Entrambe le soluzioni adottate presentano alcuni inconvenienti sotto il profilo teorico e/o sul piano pratico, essendo in particolare da evidenziare che la rimessione in termini comporta in ogni caso una regressione, con sacrificio di tempi ed, eventualmente, di attivit svolte medio tempore, ed inoltre che la sua applicazione in ipotesi di overruling finirebbe per dilatare listituto -che nasce con diversi presupposti e finalit- attribuendo ad esso la generica valenza di una sorta di salvagente processuale.

Per quanto concerne invece la non retroattivit del cd. diritto vivente (tipica dei Paesi di common law dove, in casi particolari in cui, ad esempio, il mutamento giurisprudenziale modifichi, in senso restrittivo per il cittadino, le norme di accesso al processo, il giudice, attraverso il prospective overruling, stabilisce che la soluzione adottata vale solo per il caso deciso e per quelli successivamente proposti, restando per gli altri casi valido il precedente overruled), essa presuppone il carattere vincolante delle pronunzie delle Corti Superiori (secondo il principio dello stare decisis verticale), mentre nel nostro ordinamento il giudice di merito non precisamente vincolato, nellinterpretazione delle norme di legge, al rispetto di un precedente. Occorre tuttavia evidenziare che recentemente la funzione nomofilattica attribuita alla Corte di cassazione dallart. 65 dellOrdinamento Giudiziario stata potenziata dal legislatore -v., ad esempio, lart. 374 comma 3 c.p.c., come novellato dal d.lgs. 40/2006, prevedente lo stare decisis nel rapporto tra sezioni semplici e sezioni unite della Corte, o lart. 360 bis c.p.c., introdotto dalla l. 69/2009, prevedente linammissibilit del ricorso per cassazione avverso provvedimenti che abbiano deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimit-, cos che il precedente della Corte di cassazione (a maggior ragione quello delle sezioni unite) ha finito per assumere una efficacia pi incisiva di quella semplicemente persuasiva tradizionalmente ad esso riconosciuta nel nostro ordinamento.

Per quanto sopra esposto, in una materia come quella processuale, in cui fondamentale la certezza di tempi e modi di azione, un revirement giurisprudenziale delle sezioni unite della Corte di cassazione che imponga per via interpretativa una regola nuova in contrasto con un precedente orientamento consolidato finisce in pratica per determinare gli stessi effetti dello jus superveniens, e come tale dovrebbe essere considerato in relazione alla sua efficacia temporale, al fine di evitare che la retroattivit del nuovo arresto giurisprudenziale comprometta le posizioni processali delle parti incolpevolmente confidanti nel precedente orientamento.

E peraltro appena il caso di aggiungere che, secondo la CEDU, il principio di irretroattivit non riguarda solo la legge ma anche il cd. diritto vivente, con conseguente limitazione dellefficacia del mutamento giurisprudenziale ai casi futuri (v., tra le altre in tema di overruling, sia pure con riguardo al processo penale, Cocchiarella c. Italia, sentenza del 29 marzo 2006, 44 e Di Sante c. Italia, decisione del 24 giugno 2004) e che anche la Corte di giustizia CE ha affermato il principio della irretroattivit delloverruling (v., da ultimo, CGCE, 8 febbraio 2007, C-3/06 P. Groupe Danone c. Commissione).

 

4. Lindividuazione della tutela possibile, a fronte di un brusco revirement nellinterpretazione delle norme processuali, per le parti che abbiano fatto affidamento su di un precedente univoco orientamento ermeneutica, di certo non esime da pregnanti interrogativi in ordine al significato complessivo della evoluzione giurisprudenziale in corso ed agli effetti di essa nel medio e nel lungo periodo termine.

E pertanto in conclusione necessaria una seria riflessione sul fenomeno finora descritto, per verificare in una prospettiva pi ampia quanto sia cambiato e stia cambiando il nostro sistema processuale civile  in forza del canone della ragionevole durata del processo utilizzato dalla giurisprudenza di legittimit a volte come un grimaldello, altre volte come una miccia perfino troppo corta, e soprattutto dove ci condurr questo cambiamento, meglio, quando e su quale equilibrio di garanzie si assester infine la spinta pragmatica e funzionalista che, sotto il peso intollerabile di un contenzioso elefantiaco gravemente incidente sulla durata dei processi, sta polverizzando certezze esegetiche acquisite ormai da decenni.

Non credo che ci si trovi di fronte ad una sorta di giurisprudenza dellemergenza in funzione di arginamento della attuale eccessiva lunghezza dei tempi processuali, un caso di eccezione (per mutuare il linguaggio filosofico) nel quale -come nelle ipotesi di legislazione dellemergenza- si sospende (non il diritto ma) una interpretazione ritenuta, nei fatti, inadeguata, in vista dellautoconservazione del sistema (il conatus sese conservandi spinoziano), credo invece che si tratti di una evoluzione in qualche misura irreversibile, avendo perso il carattere connotativo di eccezionalit originario della sua matrice, una volta che il patologico protrarsi dei processi ha imposto la ragionevole durata come diritto costituzionalmente garantito.

Ad una prima analisi potrebbe sembrare che questo mutamento (di proporzioni vaste ma ancora non ben definite), incidendo sulla interpretazione delle norme di rito e forse sulla stessa cultura del processo, rischi di contrapporre il principio di ragionevole durata del processo alla altre garanzie costituzionali del giusto processo fondate sulla centralit del diritto al contraddittorio, bench la stessa Corte di cassazione abbia affermato, al contrario, che la valutazione della sussistenza dei requisiti di ragionevole durata presuppone che il processo sia un processo giusto (v. s.u. n. 14124 del 2010).

            A ben vedere, tuttavia, la paventata contrapposizione del valore della ragionevole durata agli altri valori costituzionalmente presidiati (ovvero la paventata prevalenza del primo sui secondi) un falso problema, indotto dal fatto che la ragionevole durata non ha un proprio autonomo e specifico ubi consistam e richiede una esplicazione ed una applicazione diffuse, o, meglio, pu esplicarsi e trovare applicazione solo in relazione allintera disciplina processuale ed in rapporto a tutti i principi costituzionali che regolano il processo, i quali non potranno certamente essere considerati recessivi rispetto al principio di ragionevole durata, ma di sicuro dovranno, nella loro concreta esplicazione, confrontarsi e misurarsi con esso.

            In tal senso in dottrina si , tra laltro, affermato che se indubbio che il canone della ragionevole durata del processo recessivo, oltre che a fronte del principio del contraddittorio, anche a fronte del diritto di azione e di difesa, altrettanto indubbio che nessuno pu abusare di tali diritti, come dire che nessuno pu abusare del processo (v. Bove,  Il principio della ragionevole durata del processo nella giurisprudenza della Corte di cassazione, Napoli, 2010) e che sarebbe erroneo ritenere che ogni restrizione dei poteri dei soggetti del processo, fondata sulla esigenza di un processo efficiente, si traduca in una lesione del principio della giusta decisione (v. Poli, Giusto processo e oggetto del giudizio di appello, in Riv. dir. proc., 2010)-

 

Dallesame delle sentenze sopra citate emerge che,  anche alla luce del richiamo al parametro del giusto processo contenuto nel numero 2 dellart. 360 bis c.p.c., i giudici delle sezioni unite si sono impegnati in unattenta analisi dei principi processuali intesa alla verifica della effettivit dei medesimi nel concreto, nonch in una rigorosa lettura delle garanzie processuali in connessione con le specifiche articolazioni procedimentali del diritto di difesa ed in rapporto con linteresse ad agire, in modo da svalutare quelle meramente formali.

                       In particolare, da tale esame risulta che il canone della ragionevole durata del processo ha influito essenzialmente in due direzioni: leliminazione di attivit processuali di cui si sia verificata in concreto la superfluit (ipotesi nelle quali la rigida applicazione delle norme processuali avrebbe compromesso la ragionevole durata del processo senza nulla aggiungere in termini di tutela dei valori del giusto processo), e quello della tendenza alla stabilit della decisione di merito in ipotesi  di non ravvisabilit dellinteresse ad impugnare: in questi termini le decisioni citate offrono dunque anche  importanti indicazioni  in vista dellinterpretazione del n. 2 dellart. 360 bis c.p.c. (prevedente linammissibilit del ricorso per cassazione in caso di manifesta infondatezza della censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo).

           E proprio il rischio di una saldatura tra la sempre maggiore rilevanza che il canone della ragionevole durata del processo ha assunto nella lettura giurisprudenziale delle norme processuali e la necessit di un ripensamento ermeneutico della disciplina processuale imposto dal n. 2 del citato art. 360 bis ci che sembra maggiormente allarmare la dottrina, la quale ha sostenuto con fermezza che tutte le norme processuali hanno lo stesso valore imperativo e precettivo, non essendo corretto individuare  norme che, a differenza di altre, possono essere sacrificate in nome della ragionevole durata del processo, sia perch unimmanente principio di etica processuale impone la preconoscenza del precetto che regola il processo e la sua immutabilit in corso di procedimento  (v. Caponi, op ult. cit.), sia perch il giudice non pu avere nel processo se non quei poteri che il legislatore gli ha concesso (v. Caponi, Dalfino e altri, op. cit.).

          Ritengo tuttavia che, ad unattenta lettura della giurisprudenza in esame, sia da escludere la paventata divisione delle norme processuali in norme di serie A (tendenzialmente corrispondenti a quelle attuative dei principi del giusto processo, da osservare rigorosamente) e norme di serie B (sacrificabili alle esigenze di speditezza del processo), non fosse altro perch in alcuni casi sembra che la giurisprudenza sopra citata abbia messo in discussione, in astratto, anche la necessit di integrit del contraddittorio, che uno dei principi-cardine del giusto processo.

           Invero, nella quasi totalit delle sentenze esaminate non emerge n la temuta prevalenza del principio di ragionevole durata sugli altri principi costituzionali in materia processuale n lintento di distinguere le norme processuali in funzione della loro sacrificabilit (o meno) sullaltare della ragionevole durata, quanto piuttosto la consapevolezza della necessit di non appesantire il processo con attivit imposte dallossequio a garanzie che in concreto si rivelino meramente formali in quanto non suscettibili nello specifico di accrescere in alcun modo le potenzialit difensive delle parti.

             In tale ottica il trend ermeneutico in esame non ha certamente carattere episodico ma destinato ad una evoluzione di vasta portata, anche se, in questa prima fase, la mancanza della necessaria sedimentazione determina un andamento a tratti magmatico, apparentemente non idoneo a consentire lindividuazione di cifre e chiavi di lettura univoche, al di l di quelle, pi immediate, riconducibili alla mera necessit di riduzione dei tempi del processo. E indubbio tuttavia che la forte accelerazione della giurisprudenza nei termini sopra esposti corrisponde alla compiuta consapevolezza, da parte del giudice di legittimit, della necessit di una assunzione di responsabilit in ordine al problema della ragionevolezza dei tempi del processo anche sul versante dellinterpretazione della norma processuale.

Peraltro, se vero che una lettura superficiale e frammentaria delle singole decisioni potrebbe indurre ad enucleare da esse principi di diritto in larga misura discutibili o, in alcune ipotesi, anche in apparente contraddizione tra loro (e che, ad esempio, lestrapolazione, da alcune delle pronunce sopra citate, del principio per cui in qualche caso levidenza di una determinata soluzione pu consentire di decidere il merito prima di (o comunque senza) verificare lintegrit del contraddittorio o la propria potestas iudicandi potrebbe sembrare la citazione di una sentenza altomedievale emessa senzaltro a fronte della certezza riveniente da unordalia) tuttavia anche vero che, ad una lettura pi meditata ed intesa alla ricerca di una logica che le accomuni, le sentenze in esame risultano tutte riconducibili ad un unico principio di diritto, sulla base del quale possibile affermare che il canone della ragionevole durata del processo impone al giudice di non limitarsi ad una meccanica e formalistica applicazione di regole processuali astratte, ma di verificare volta per volta se il rispetto di esse sia necessario ad assicurare nel caso concreto le garanzie fondamentali in funzione delle quali le stesse sono state poste, evitando che, in mancanza di tale necessit, il rispetto di dette regole si traduca in un inutile allungamento dei tempi processuali e quindi in una riduzione di effettivit della tutela giurisdizionale.

Se cos , occorre allora confrontarsi con un principio assolutamente nuovo (almeno nella sua teorizzazione effettuata in questa sede sulla base degli elementi comuni emergenti dalla lettura contestuale delle decisioni delle sezioni unite civili pronunciate in materia processuale negli ultimi anni), in ogni caso un principio impegnativo, perch di difficile gestione e bisognoso di continua manutenzione: il riconoscimento di un processo laico, nel quale non esistono pi regole da osservare sempre assolutamente e indiscutibilmente, ma si richiede al giudice, in ciascuna fattispecie, di controllare la persistente funzionalit in concreto della regola astratta, con lindubbio vantaggio di evitare lungaggini a volte inutili e costose nonch, in alcuni casi, leffetto summum ius summa iniuria, tipico del cieco ossequio ad una regola astratta ed inflessibile, e tuttavia col limite (e il rischio) di attribuire allinterprete deleghe forse troppo ampie e di porre in ogni caso un non trascurabile problema di erosione del contenuto precettivo delle norme oggetto di  una simile, continua verifica.

Certo, regole sempre e comunque indiscutibili corrispondono a democrazie giovani, che hanno ancora da temere per la loro stabilit, mentre in quelle pi mature (quali le moderne democrazie occidentali), ferme restando le regole, ci si pu forse permettere il lusso di ridiscutere di volta in volta (non la necessit della regola ma) la necessit della sua applicazione contingente. Ed indubbio che la costante attenzione, da parte dellinterprete, alla realt processuale concreta nella quale la regola deve calarsi fondamentale, posto che, quanto pi si recide il legame manifesto con le ragioni per cui una regola processuale sorta, tanto pi si moltiplica il formalismo e, con esso, gli arcana iuris, ossia le vuote ripetizioni di una ritualit.

E tuttavia imprescindibile chiedersi, in linea generale, fino a quando una simile interpretazione sia sostenibile senza indurre una perdita di obiettivit e prevedibilit del sistema, essendo le democrazie mature forse al riparo dai rischi di regressione alla barbarie ma non certo da quelli di declino.

La vera insidia di una ermeneutica funzionalmente orientata infatti costituita dalla relativizzazione della regola processuale, inducente una sorta di relativismo esegetico, che potrebbe non arrestarsi al ridimensionamento dellassolutezza del precetto, ma generare lordinariet delle molteplici eccezioni, aspiranti anchesse a porsi come regole in competizione tra loro, determinando la fine dellaffidabilit del sistema nel suo complesso e quindi la compromissione dei diritti di azione e difesa nel processo.

Non vՏ dubbio che lesigenza di garantire leffettivit della tutela giurisdizionale preservando il processo da ogni inutile formalit sia ormai ineludibile e in ogni caso la scelta compiuta dalla giurisprudenza di legittimit non sembra di quelle che consentono un commodus discessus, essendo ormai resa irreversibile dalla consapevolezza diffusa che non ci si pu pi permettere un processo inutilmente appesantito dal rispetto di vuote ritualit non incidenti in alcun modo sulla concreta tutela dei diritti (sostanziali e processuali) delle parti in giudizio, tuttavia non sar certo agevole il percorso inteso al compimento di unimpresa improbabile quanto un ossimoro: adeguare in concreto la disciplina processuale alle esigenze costituzionali di un processo giusto e veloce, senza tuttavia svalutarne le regole.

Le possibilit di riuscita, se vi sono, stanno tutte nella capacit della Corte di cassazione di fare innanzitutto tesoro dei contributi forniti (attraverso un confronto dialettico importante anche, forse maggiormente, quando acceso) dalla dottrina e dal foro, perch gli studiosi e gli operatori del diritto, insieme, sono protagonisti di questo peculiare momento di evoluzione della esegesi della disciplina processuale e -in parte- della stessa cultura del processo, nonch nella capacit della Corte di guardare sempre i propri interventi sul processo in maniera complessiva, considerando volta per volta non soltanto la singola decisione da assumere, ma il suo inserirsi nel sistema come via via delineato dalle decisioni precedenti e coeve, valutando perci la propria attivit anche in prospettiva storica, per avere la certezza che, di decisione in decisione, non si finisca per smarrire la rotta, ovvero la stessa regola processuale oggetto di interpretazione. Perch un processo giusto fatto innanzitutto da regole certe, e nessun sistema processuale pu sopravvivere a lungo al nichilismo giuridico che inevitabilmente discende da una regola debole.

                                                                                                                      

 

DIBATTITO

 

 

 

 

Avv. Carlo Marsella

Vorrei fare una semplice domanda con riferimento alla sentenza delle S.U. n.19246 del 9 settembre 2010 in tema di riduzione dei termini di costituzione nelle cause di opposizione a D.I.. Qualcuno ha voluto malignare che sulla Cassazione vi fosse stata la pressione della lobby delle banche, io lo escludo assolutamente. La successiva Ordinanza del 22 marzo scorso della Terza Sezione Civile della Cassazione che ha rimesso la questione alle S.U. evidenzia un aggravamento della posizione di una sola delle parti del giudizio in un procedimento che vede gi il convenuto opponente in una posizione di svantaggio rispetto allattore-opposto.La mia domanda:Տ possibile che le Sezioni Unite rivedano la precedente decisione?  Grazie.

 

Cons. Di Iasi

Non credo conoscendo il relatore e il Collegio, che ci sia stata una pressione di lobby o di banche. Credo pi semplicemente, inserendo questo intervento di riduzione dei termini di costituzione dellopponente nellambito di tutta linterpretazione giurisprudenziale di cui abbiamo parlato finora, credo che lintento, un po maldestro devo dire perch non ha tenuto conto del contesto (da ultimo ho detto che ogni volta che decide la Corte di Cassazione deve tenere presente il sistema, come si inserisce nel sistema la decisione) era inteso semplicemente ad una riduzione e semplificazione dei tempi, anche perch si tratta di un giudizio sommario. Per quanto riguarda la terza sezione civile, recentissima, del 22 marzo, cՏ stata unOrdinanza che ha rimesso al primo presidente di nuovo la questione, affermando di non essere daccordo con le Sezioni Unite. Come avevo detto prima, con la riforma del 2006 le Sezioni Semplici non possono pi andare in contrasto semplicemente con le Sezioni Unite. Se ritengono di non poter accettare il precedente delle Sezioni Unite, sono obbligate a rimettere gli atti al primo Presidente sollecitando una nuova pronuncia e questo accaduto. I giudici della Terza Sezione Civile hanno chiesto alle Sezioni Unite di tornare sulla propria decisione.Non detto che accadr, per sicuramente ci sar una riconvocazione, si terranno presenti gli argomenti che nel tempo sono stati portati sia dalla Terza Sezione Civile che dalla Dottrina, dal Foro. La Terza Sezione Civile non ha chiesto solo questo alle Sezioni Unite, ha chiesto qualcosa di pi e credo che sia molto importante, ha chiesto che ove le Sezioni Unite ritenessero di dover confermare questo orientamento, dovranno affermare che questo orientamento vale per il futuro. Diciamo che una cosa importante ed anche piuttosto strana, particolare, perch hanno sollecitato una sorta di prospective overruling, cio hanno chiesto alla Corte di Cassazione di pronunziarsi come le corti supreme dei paesi di common law, che dichiarano appunto la irretroattivit del principio giurisprudenziale affermato. Non so in che termini decideranno le Nuove Sezioni Unite, ovviamente, dipende dalla formazione dei Collegi.

 

Cons. Gabriele Sordi

Confesso di non avere gli estremi di un commento sulla pronuncia della Cassazione che ha ritenuto di affidare al Giudice il compito di valutare la tempestivit della parte, che apparentemente abbia rispettato i termini di citazione del testimone (i tre giorni minimi); in realt poi nello specifico si ritenuto che per non essersi riattivata per tempo in base al primo esito della notifica avendo a disposizione ulteriore tempo, sia incorsa nella  decadenza della prova testimoniale. Non so se largomento allattenzione del Consigliere.

 

Cons. Di Iasi

S, questo principio stato affermato dalla Corte di Cassazione, diciamo non soltanto in relazione alla citazione del testimone, che tutto sommato crea qualche problema in meno, ma anche in relazione alla citazione della controparte, cio, ad esempio, il principio stato affermato per la prima volta proprio in relazione al ricorso per Cassazione. Dopo le ultime pronunce della Corte Costituzionale e le riforme legislative, quando la parte cita, in pratica, notifica latto introduttivo del ricorso eccettera, non incorre in nessuna decadenza dal momento in cui ha consegnato latto per la notifica allUfficiale Giudiziario. Ora, la Corte di Cassazione, su questo punto intervenuta dicendo: s, per se lUfficiale Giudiziario lo riporta indietro e cՏ tempo il processo notificatorio deve ricominciare, perch non possibile che la parte dopo mesi arrivi col ricorso non notificato. Posto che vero che i tempi della notifica non devono andare a carico della parte, vero anche che comunque che quando si inizia il processo il ricorso deve essere notificato. Ora quindi questo principio, la mancata riattivazione del procedimento nei termini. stato affermato addirittura per dichiarare linammissibilit del ricorso se non stato notificato ed un principio proprio volto allaccelerazione, ad evitare che le parti potessero in qualche modo avvantaggiarsi del fatto di aver compiuto soltanto un inizio di attivit e poi dover ricominciare tutto daccapo. Io ritengo che sia abbastanza irreversibile questo orientamento.

 

Avv. Domenico Martini

Colgo loccasione di questa opportunit che lAssociazione ed il Presidente Marsella danno di avere qui un autorevole membro della Sezione Tributaria, il Consigliere Di Iasi. Devo segnalare una strage degli innocenti che sta avvenendo in questa Sezione Tributaria. Cambiare le regole del gioco in corso di causa diventa un trabocchetto per tutti i ricorrenti nellultimo grado di giudizio. Cambiando le regole nellultimo grado el giudizio si cambia la prospettazione dei fatti e quindi a volte i ricorsi vengono dichiarati improcedibili, inammissibili per via di questa giurisprudenza che io non chiamerei innovativa ma, permettetemi, eversiva, che sta facendo una falcidia di innocenti. Mi permetto ricordare quelle sentenze per esempio sulla indeducibilit dei compensi agli amministratori delle societ, mi permetto ricordare quellorientamento che tra le altre cose, non condiviso da tutti i membri della Sezione, che riguarda lobbligatoriet. secondo questa Sezione, di dover depositare insieme al ricorso in Cassazione anche i documenti che vengono richiamati nel ricorso quando, chi coltiva questa materia, sa benissimo che nei giudizi di merito tributari i fascicoli di parte non vengono restituiti come avviene nel civile, ma sono acquisiti nel giudizio di merito e poi confluiscono dufficio davanti alla Cassazione, mediante unistanza di trasmissione ex art. 369 c.p.c. Quindi, sostanzialmente, ci sono decine di pronunce recenti della Sezione Tributaria che hanno dichiarato improcedibili questi ricorsi senza entrare nel merito, solo ed esclusivamente perch  lavvocato non andato presso la Commissione Tributaria Regionale a richiedere le copie, perch i fascicoli non li restituiscono, per poterle poi depositare insieme al ricorso depositato in Cassazione. Volevo conoscere che cosa pensa di questo problema che vi siete posti e vi ponete. Grazie.

 

 

 

Cons. Di Iasi

Ringrazio lavvocato per aver posto questo problema. Non riguarda largomento per un problema molto sentito e molto sofferto nella Sezione Tributaria e in Cassazione ed in questo modo mi d loccasione per dire quello che esattamente non si pu dire nelle sentenze e che forse si pu dire a voce. Raramente si ha lopportunit di fare una cosa del genere. Innanzitutto premetto che su questo punto cՏ una remissione alle Sezioni Unite, per cui da adesso fino a quando non arriva la decisione delle Sezioni Unite, la Tributaria e tutte le altre Sezioni della Corte di Cassazione non parleranno pi dellart. 369. Premesso questo, volevo dire che in realt funziona attualmente in Cassazione una Sezione apposita che tratta con rito camerale i procedimenti che devono essere dichiarati inammissibili, improcedibili oppure manifestamente fondati. Ora, lo so che il Foro guarda ai componenti di questa Sezione ( Magistrati di tutte le Sezioni che fanno in parte ludienza pubblica in parte il rito camerale) come dei killer dei processi, perch una cosa molto brutta, molto fastidiosa vedersi dichiarare inammissibile o improcedibile un ricorso. Di questo mi rendo conto ma cՏ uninterpretazione sbagliata: in realt innanzitutto, linterpretazione del 369 sempre stata questa, cՏ giurisprudenza dagli anni 80 e non mai cambiata. Lart. 369 prevede una serie di oneri per la parte, il deposito della sentenza in autentica impugnata, il deposito della richiesta degli atti del processo e poi il deposito, questo lo ha sempre richiesto e sempre cՏ stata giurisprudenza in questo senso, di tutti gli atti sui quali il ricorso fondato. Ora, tutte queste cose sono richieste a pena di improcedibilit, non cՏ mai stato dubbio che improcedibile un ricorso in cui non cՏ una sentenza, in cui non cՏ un documento. Il vero problema questo: che in alcuni casi si ritiene che quando il giudice dichiara improcedibile il ricorso perch non sono stati depositati i documenti, in realt lo fa applicando una norma vuota, inutile, formale perch in fondo i documenti arrivano con la richiesta. Non esattamente cos. Diciamo che ha assunto unimportanza enorme questa normativa da quando si istituita la Sezione Camerale perch imposto ai giudici di Cassazione di fare uno spoglio immediato per vedere quali processi avviare con rito camerale e quali no. Quindi importante la richiesta delle copie del fascicolo perch il fascicolo arriver dopo un anno dalle varie Commissioni Tributarie e verr smistato non si sa dove, visto che arrivano fascicoli da tuttItalia. Avere immediatamente i documenti con il ricorso consente ai magistrati che fanno questo primo spoglio di guardarli e di avviarlo. Edunque prevista una improcedibilit non per dichiarare improcedibili i processi e a liberarsene, ma per una maggiore e migliore organizzazione del lavoro.  Tuttavia siccome stata molto forte la pressione del Foro su questo punto si rimesso il problrma alle Sezioni Unite per ridiscuterne. Per il motivo cՏ non si tratta puro formalismo. Adesso noi stiamo trattando il 2010 e siamo nel 2011 appena iniziato. Il motivo questo e comunque rimesso alle Sezioni Unite. Daltra parte basta saperlo, non una cosa se cՏ un problema, da due anni, voglio dire, per i prossimi ricorsi, non complicato, insomma.

 

Avv. Giuseppe Di Mascio

un aspetto nuovo che forse non riguarda il processo, ma riguarda la fase precedente del processo, alla quale si riferiva lavv. Calabr, il famoso Regolamento sul procedimento di mediazione ed stato oggetto di un acceso dibattito ieri a Tivoli dove noi Presidenti degli Ordini poveretti, dovendo applicare nei nostri Consigli gli organismi di mediazione ci stiamo riunendo come dei Carbonari quasi settimanalmente per affrontare i mille e mille problemi legati a questa legge, che ha uno scopo, secondo me, puramente deflattivo dei processi. Rispetto a queste regole di mero formalismo, questo procedimento di mediazione, interpretando il Regolamento e la legge alla lettera, prevederebbe che allesito della richiesta allorganismo di mediazione, la parte si rivolge allorganismo di mediazione per iniziare il procedimento. Lorganismo di mediazione immediatamente invita la parte stante e la controparte che ancora non lo sa a comparire davanti al mediatore per iniziare il procedimento di mediazione. Il problema che, una volta assolto questonere, la parte stante, anche se laltra parte non aderisce al procedimento, cio non compare proprio, tenuta comunque alle spese e agli oneri per il mediatore secondo la tariffa ministeriale, con la semplice riduzione di un terzo e parliamo di somme che vanno da tre, quattrocento euro a tremila, quattromila euro, cio tenuta, per il semplice fatto che ha presentato la domanda, ad un esborso economico anche se il procedimento di mediazione non ha inizio. Per evitare questo inutile balzello, molti organismi pubblici di mediazione stanno interpretando la legge in un senso leggermente diverso ma, in virt di quellorientamento che la Cassazione nel processo ha applicato a queste norme strumentali che poi bisogna verificare nella loro funzionalit, abbiamo pensato di adottare invece questo tipo di procedimento: una volta che cՏ la richiesta, lorganismo che chiede alla controparte leventuale adesione al procedimento e, nel caso in cui la controparte non dichiara di aderire al procedimento e entro un certo termine non aderisce, lorganismo stesso che rilascia lattestazione della mancata adesione al procedimento e quindi con il mero pagamento dei 40 euro crea quella che la condizione di procedibilit, cio quel foglietto di carta che poi permette alla parte di rivolgersi al magistrato e sopperisce. Per interpretarlo in modo strettamente letterale la norma questa nostra interpretazione appare una forzatura,perch il certificato di mancata mediazione lo deve fare il mediatore e non lorganismo. Sicuramente questo sar un problema che nei prossimi mesi arriver nei Tribunali del Lazio perch molti organismi pubblici ma anche ad esempio Milano, Napoli, Nola, hanno aderito a questo indirizzo ed andr  al vaglio dei poveri giudici di merito, che si troveranno gi ai primi problemi so che un argomento nuovo, sul quale lei pu non essere documentata, per vorrei un suo conforto su questinterpretazione che abbiamo dato noi. Grazie.

 

Cons. Di Iasi

Ovviamente un argomento sul quale la Corte di Cassazione non si pronunciata e si pronuncer forse tra una decina danni, perch deve ancora arrivare ai giudici di merito, quindi dovr fare tutti i gradi per devo dire che mi sembra una prospettiva interessante. Adesso, ad occhio non posso dire di pi, mi sembrano interessanti comunque le iniziative ed interpretazioni che cercano di interpretare una interpretazione troppo diciamo penalizzante per le parti. Io credo che lintento della legge non quella di creare una spesa ed un aggravio in pi per ottenere questo certificato che rende il giudizio procedibile, credo che quello alleggerire il processo e non pu trasformarsi in un onere di prolungamento e di spese ma forse bisognerebbe sforzarsi un poco tutti, anche le parti, per farla funzionare, perch questo poi ritorna in termini generali con un alleggerimento del carico dei processi e quindi uno sveltimento di quei processi che dovranno per forza essere conclusi davanti ad un giudice.

 

Avv. Bruno Forte

Ho ascoltato con attenzione la sua relazione. Intanto sono daccordo con Lei quanto dice che i problemi che affrontiamo non riguardano le nuove normative cui ha fatto riferimento lAvv. Paliotta, ma quelle che gi esistono; e questo si vede proprio nelle decisioni della Corte di Cassazione che spesso si trovata ad intervenire sullapplicazione conforme ai principi del giusto processo delle norme sia del codice di procedura civile che penale. Dalla sua relazione, per, ho sentito una sola volta il riferimento alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo che, invece, ormai da anni si occupa del "giusto processo" problematica collegata a quella della ragionevole durata dei processi (posto che un processo eccessivamente lungo di per s ingiusto) e i cui principi spesso sono stati portati all'attenzione sia dei giudici di merito che di legittimit. Allora volevo sapere da lei: si parla di giusto processo ed esigenza di celerit della tutela giurisdizionale e degli interventi creativi della Cassazione in merito. A suo giudizio come si pone la Corte di Cassazione di fronte allapplicazione dei principi della Corte Europea e alla giurisprudenza della medesima Corte Europea dei diritti dellUomo che, in molte casi e materie sia di diritto sostanziale che procedurale, hanno sancito dei principi e delle norme considerate direttamente applicabili nellordinamento italiano e, di fronte alle quali, invece, la Corte di legittimit (e quella Costituzionale) ha frapposto numerosi ostacoli ritenendole senza immediata efficacia ed applicabilit nel nostro ordinamento?Penso - ad esempio - alle famose sentenze della Corte Europea (fra tutte Scordino / Italia) in materia di espropriazione illecita (c.d. occupazione appropriativa) che, sancendo la violazione delle norme convenzionali sul rispetto del diritto inviolabile della propriet, hanno cercato di imporre alle Corti italiane tutte un mutamento giurisprudenziale attraverso lapplicazione diretta dei principi emergenti dagli arresti della CEDU.Ma anche al caso Sejdovic / Italia in cui la Corte Europea, per il contrasto della vecchia disciplina sulla contumacia con il diritto di difesa ha costretto il Parlamento italiano ad adottare la legge n. 60 del 2005, modificando la precedente normativa (articoli 175 e 630 del Codice di procedura penale); ci anche al fine di evitare che il cittadino fosse costretto ad impugnare in Italia i provvedimenti contrari a detti principi e quindi a ricorrere in ultima analisi a Strasburgo, con inevitabile allungamento dei tempi processuali (per la verit non proprio celeri nemmeno davanti la Corte sovra nazionale). Alcune delle sentenze emesse dalla CEDU in vista del rispetto preminente dei diritti umani, hanno addirittura ignorato i giudicati delle Autorit interne, ponendo nel nulla anche eccezioni di carattere sostanziale come la prescrizione.In questo contesto mi sembra, quindi, che vi sia lurgente necessit che la Corte di legittimit nei suoi interventi c.d. creativi si ponga il problema dellapplicazione diretta di quei principi espressi da Strasburgo e che ci sia invece, al momento un problema del tutto sottovalutato, sia dalla Corte di Cassazione che dalla Corte Costituzionale. Quindi, da questo punto di vista pensa sia forse pi urgente - nel contesto delle problematiche di cui stiamo discutendo - che la Corte di legittimit si ponga in un ottica diversa cio di accettazione ed applicazione delle norme stabiliti dalla Convenzione Europea dei Diritti dellUomo e delle sentenze della medesima attraverso le quali lapplicazione degli stessi vive e si esprime e che costituiscono precedenti vincolanti per le Autorit interne.Credo che rispondere a tale necessit tuteli di pi il cittadino e in generale lutente della giustizia in punto di rispetto delle esigenze di celerit del processo, piuttosto che interrogarsi - come ha fatto di recente la Cassazione - circa la tempistica dei termini della iscrizione a ruolo delle opposizioni ad ingiunzione di pagamento; veramente paradossale, infatti, che ci si occupi di ci come di un "fronte" in materia di accelerazione del processo (che cosa cambi infatti tra dieci o cinque giorni per la iscrizione a ruolo non dato saperlo quando poi il processo dura anni per un problema di risorse) e si lasci in secondo piano le problematiche predette che, incidendo, invece, direttamente sui diritti dei singoli e possono tutelare appieno e nella sostanza le loro situazioni giuridiche soggettive.Grazie per la risposta.

 

Cons Di Iasi
In termini generali sono daccordo con lintervento, non so, piuttosto generico, non saprei come dire, credo che la Corte di Cassazione si ponga il rispetto della CEDU, delle pronunce della CEDU, della Costituzione. Nello specifico io non posso rispondere del singolo Collegio, del singolo caso che riguarda magari la prima sezione civile, lespropriazione o altro. Io ritengo, diciamo che ciascun collegio ritiene di fare applicazione, poi probabilmente sbaglia, ma daltra parte la Corte di Cassazione decide, poi se si ricorre alla CEDU, probabilmente sbagliano, ma credo che i miei colleghi non lo facciano per partito preso, come noi non lo facciamo per partito preso, di non rispettare. Non siamo tenuti a rispettare il diritto europeo e le decisioni della CEDU. Per quanto riguarda i tempi, non che noi ci preoccupiamo dei cinque giorni magari ci riesce non ci riesce, ognuno fa quello che pu, il problema anche delle risorse, anche il problema del numero di persone rispetto al numero di processi e dellelefatiesi del contenzioso; diciamo che ognuno deve mettere del suo. La Corte di Cassazione ha preso atto della necessit di unassunzione di responsabilit rispetto al problema della ragionevole durata del processo da parte del giudice di legittimit, anche in ragione delle norme processuali. Per il resto ognuno fa la sua parte e ritiene di fare il meglio, poi se sbaglia non so che dire, insomma, non posso rispondere di singoli casi, troppo generico dire non rispetta la CEDU,  bisognerebbe vedere.Pprobabilmente nelle singole decisioni i miei colleghi credevano di averla rispettata.

 

Avv. Luciano Santoro

Io direi che un intervento estremamente illuminante e preciso. Ci sono ovviamente aspetti che continuano ad essere in ombra inevitabilmente, data lampiezza della materia. Per esempio, pensavo al caso che mi pare si sia verificato proprio al Tribunale di Frosinone, dove sono state lo scorso anno istituite le Sezioni Specializzate Civili. accaduto per esempio che la costituzione del convenuto in rapporto alla data di invito a comparire contenuta nellatto di citazione, cadendo nel periodo in cui per via della istituzione delle Sezioni Civili Specializzate comportava il comparire innanzi al giudice che non era pi quello naturale. Se la costituzione del convenuto avvenuta nel rispetto del termine (di venti giorni prima) innanzi al giudice divenuto naturale per effetto della istituzione delle nuove Sezioni Specializzate si potrebbe parlare di costituzione tardiva? Tenuto conto della effettiva situazione, pu la costituzione ritenersi tempestiva alla luce dei principi che lei ha esposto?

 

Cons. Di Iasi

Io credo che in queste situazioni, quando cՏ un passaggio da diversi organi (per esempio si avuto nel penale quando cՏ stato il passaggio col nuovo codice di procedura penale e con la soppressione dei pretori, oppure quando cՏ il passaggio addirittura di un completo ordinamento, ad esempio in materia tributaria, quando si avuto il passaggio alle commissioni tributarie regionali e provinciali) con la nuova normativa occorre prevedere in via legislativa un diritto intertemporale, che tuteli laffidamento, o,se questo non cՏ, occorre provvedere in termini interpretativi. Sar linterpretazione a dover tutelare la parte, che in ogni caso, rispetto alla precedente disciplina o rispetto al precedente organo doveva ritenersi comunque costituita tempestivamente. Questo in linea generale deve ricavarsi dal sistema, anche dalla previsione comunque di una remissione in termini per tutti i comportamenti allinterno del processo incolpevoli delle parti, perch non si pu attribuire alla parte una decadenza, una preclusione, che deriva da un mutamento di giurisprudenza, da un mutamento di legislazione o da un mutamento dellOrgano davanti al quale la parte si deve costituire.

 

Prof. Ferruccio Di Stefano

Per prima cosa chiedo scusa allassemblea, per seconda cosa devo dire che raramente mi capitato di sentire una relazione complicatissima, della quale mi sembrato di capire quasi ogni passaggio. c Per vorrei lanciare un sasso in piccionaia cambiando del tutto argomento. Sono figlio di giudice, fratello di giudice, cugino di giudice, tutti abbastanza autorevoli. Avrei voluto sentire en passan del  ritardo del deposito delle sentenze. I giudici le depositano con enorme ritardo rispetto ai tempi e direi che questo un argomento al di fuori delle cose tecniche che sono state trattate, ma in unassemblea pubblica e perch interessante per la pubblica opinione potrebbe essere tenuto presente. Chiedo a lei, che stata cos brava a far capire ad un non addetto ai lavori una materia cos complicata, di fare uno sforzo in questo senso. Complimenti al nostro Presidente, non so se io sono  socio a tutti gli effetti I miei complimenti, signor giudice.

 

Cons. Di Iasi

Probabilmente un problema cՏ ma, non cos generale. I giudici depositano le sentenze in ritardo, a me non mai capitato. Pu capitare, a qualcuno capita, cՏ apposta una Sezione Disciplinare,  condanne disciplinari per questo. Se i giudici depositano le sentenze in ritardo senza un giustificato motivo hanno condanne disciplinari che arrivano talvolta anche alla destituzione, alla perdita di anzianit. Dico senza un giustificato motivo perch pu capitare, come capita normalmente, e vedo questo a parecchi colleghi, che hanno difficolt. Io vedo delle colleghe per esempio,giudici di merito, che passano tutta lestate a scrivere sentenze, tutti i sabati, tutte le domeniche e sono continuamente in ritardo. Io chiedo: ma perch se lavori tanto sei sempre in ritardo? Perch mi vergogno di prendere a sentenza solo le cause che riesco a decidere. Sono talmente carica che mi vergogno di dire agli avvocati : Rinvio ad un anno. Quindi prendo pi cause di quante ne posso decidere. E allora lavoro destate, a Natale e poi le deposito tardi, ma almeno meglio che rinviare ad un anno. Quindi diciamo che ci sono vari motivi. Se il giudice deposita le sentenze in ritardo perch va in vacanza alle Seychelles un conto, se le deposita in ritardo perch ne prende pi di quante ne pu fare un altro. Penso ai colleghi nel merito che devono andare in udienza, devono affrontare le parti e, per ragioni strutturali che non dipendono dal giudice, si trovano a dover gestire un ruolo vecchio di dieci anni; se dovessero introitare solo le sentenze che sono in grado di fare dovrebbero rinviare a due, tre anni, cause vecchissime. Questo il motivo per cui magari lavorano anche di sabato, di domenica, anche durante le vacanze estive, per poich ne prendono di pi di quelle che possono fare e quindi ritardano. Questo non esclude che ci sia qualcuno che ritarda per altri motivi e in questo caso cՏ il disciplinare. Vogliamo discutere anche il disciplinare? possibile.

 

Presidente Giandomenico Fargnoli

Vorrei rimanere un attimo nellambito del convegno, creativit della giurisprudenza, perch ci siamo forse un po allontanati. Giorni fa ho letto la sentenza della Cassazione Sezione Tributaria, la quinta. Nel merito si era parlato di cause separate rispettivamente allaccertamento del reddito di una societ e la rettifica di tali redditi della societ di persone e limputazione ai singoli soci. Giudizi celebrati senza il litisconsorzio necessario. La Cassazione non ha dichiarato la nullit, non ha rinviato al primo giudice. E vero s che la Cassazione deve fare giurisprudenza importante, per io ritengo che meglio fare giurisprudenze sensata che creativa. Grazie.

 

Cons. Di Iasi

Ho capito a che cosa si riferisce Gianmim Fargnoli. Dunque, lipotesi questa, non infrequente nella Sezione Tributaria. Quando cՏ una rettifica del reddito delle societ di persone, consequenzialmente cՏ una rettifica del reddito di partecipazione dei soci. Queste cause fino a qualche anno fa venivano decise separatamente o comunque non era stato dichiarato il litisconsorzio necessario. Questo creava dei problemi qualche volta perch magari la causa del socio in realt veniva decisa prima di quella della societ, ma dipendeva, perch il reddito del socio dipendeva dallaccertamento del reddito della societ. E allora nel 2008 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che in questo caso sussisteva unipotesi di litisconsorzio necessario. Questa decisione, secondo me giusta, ha creato per degli enormi problemi, perch molte volte le Commissioni Tributarie decidevano in parallelo la causa della societ e la causa del socio senza riunirle. Ci per non escludeva che erano gli stessi giudici, con le stesse questioni ed anche le stesse parti, da una parte agivano in qualit di legali rappresentanti della societ e dallaltra parte agivano come soci. Quindi vero che non erano trattate in un simultaneus processus, per in sostanza tutti conoscevano tutto. Dopo questa sentenza sullliticonsorzio, rimandare indietro una causa che era arrivata in Cassazione, rimandarla di nuovo in primo grado, facendo perdere in alcuni casi,( perch davanti alle Commissioni Tributarie alcune volte cՏ un allungamento terribile), anhe quindici anni, era una cosa che ha creato qualche problema ai giudici di Cassazione, per cui nelle ipotesi in cui si verificato che in primo grado e in appello le cause della societ e dei soci sono andate in parallelo, con delle decisioni uguali, decise magari una dopo laltra dalla stessa Commissione, in cui i soci hanno partecipato ad entrambe nella diversa veste, e cio personalmente e quali legali rappresentanti della societ, la Cassazione, forse con quello spirito di cui dicevo prima, in uninterpretazione funzionalistica della norma e non meramente formale, ritenuto di poter, invece di rinviare in primo grado per integrare il contraddittorio, riunire queste cause che erano arrivate in Cassazione direttamente in Cassazione. Mi dispiace per il collega Fargnoli che ritiene che non di buon senso, per forse stato proprio il buon senso che ha spinto i giudici della Corte di Cassazione a evitare di far perdere quindici anni di giudizio alle parti, quando sostanzialmente leffetto del litisconsorzio, di conoscere cio il processo da parte di tutte le parti, il processo, era comunque ottenuto, per essere stati i soci presenti comunque nelle altre cause come legali rappresentanti di una societ di persone.

 

Avv. Carlo Marsella

Prima di chiudere questincontro vorrei dare una nota lieta a questa bellissima serata di studio, anzi, una nota celeste: questa mattina la nostra socia, lavvocatessa Francesca Baglioni, ha dato alla luce un bambino ed i nostri soci, avv. Alessandra Baldassarra e avv. Mario Cioffi, domenica scorsa sono stati allietati dalla nascita di due gemelli, entrambi maschi! Auguri affettuosissimi ai neo genitori.